Valerio Borgonuovo - ||||||∩|||||| + [][][][][]
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- Pubblicato Lunedì, 13 Maggio 2013 07:20
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“Erano anni di diffusa e decisa contestazione globale, praticata anche attraverso modelli di vita alternativa come quello degli Hippy che andavano a vivere nelle cupole geodetiche, rifiutando in maniera totale i modelli di vita neocapitalista, o degli Amish che si chiudevano in una specie di autarchia”1. Eppure le case sugli alberi di Hippy Architecture Vol.3 – le stesse che proprio a partire da quegli anni di straordinario stravolgimento sociale, politico e culturale esploso con le lotte studentesche del’68 assursero a palcoscenici di una nuova coscienza collettiva – risultano oggi a ben vedere troppo high-tech, troppo innovative e sofisticate, in altri termini: troppo chic per non ravvisarne che una pallida e ostentata versione della ben più complessa visione originaria. Quella di Francesco Fossati è una pittura di paesaggio che oltrepassa i confini della tavola adattandosi alla parete, alla superficie che la accoglie, in maniera sempre sottilmente inedita. I due margini, in questo caso uno di colore azzurro e l’altro di colore verde, entro cui essa sfuma in un movimento di colore verso non colore, fino al negativo, sembrano rappresentare i limiti inesorabili manifestati dal pensiero utopico di fronte all’affermazione di una società di massa annichilatrice delle premesse stesse di avanguardia. Avanguardia – per inciso – qui verosimilmente richiamata attraverso piccoli quadri monocromi che, fondendo il soggetto nel contesto circostante, ovvero nella natura, consacrano questo lavoro alla ricerca di una rinnovata (o forse perduta) idea di unità con gli elementi.
Allo stesso modo Fossati affronta il tema del primato e del successo all’interno dell’arte avvalendosi di un elemento ludico e vernacolare estraneo a un sistema di riferimento, per l’appunto quello artistico, che pure prevede modalità di selezione e confronto altamente competitive. Late Again è una serie fotografica in costante crescita già presentata con un differente display nei primi mesi del 2009, in cui coppe e trofei del tipo adottato comunemente da associazioni sportive amatoriali si ripetono nell’anonimato dei relativi detentori (in quanto fotografate dal retro) senza apparente soluzione di continuità – esattamente come le presunte infinite combinazioni di questi prodotti industriali, il cui principale valore sembra risiedere nella maggior parte dei casi unicamente nella memoria della comunità, di coloro che contribuirono a ottenere il riconoscimento. Lasciando inoltre nell’indecifrabilità dell’immagine riflessa sui trofei l’identità di chi fotografa, ora deformata, sdoppiata o rimpicciolita, l’autore sembra spostare l’attenzione dallo status dell’artista alla documentazione del processo all'interno dell'opera stessa, privandola però di un suo particolare valore, e dunque per un certo verso parlando del mezzo in una inutilità del gesto.