Facciamo il punto... riss(e) Varese
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- Pubblicato Domenica, 17 Marzo 2013 14:03
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inaugurazione domenica 17 marzo 2013 ore 18.00
17 Marzo - 12 Aprile 2013
con Antonio Barletta, Marco Belfiore, Francesco Bertocco, Graziano Folata, Francesco Fossati, Silvia Hell, Cecilie Hjelvik Andersen, Chiara Luraghi, Yari Miele, Luca Scarabelli, Federico Tosi
Alessandro Di Pietro 15.50
facciamo il punto della situazione?
ok, ma non sono sicura di conoscerlo. È ancora una mostra?
perchè?
CG 15.51
beh, io non sono più il curatore, ho passato il progetto a te…
ADP 15.52
però hai dato il via
CG 15.52
ma non ero convinta della fattibilità dell’idea, è stato Ermanno a incoraggiarmi quando gliene ho parlato
CG 15.55
l’idea originaria era quella di pensare a una mostra sulla ‘pratica’ dell’errore, ovvero di provare a non correggere gli errori che si sarebbero commessi nelle fasi della sua organizzazione…
ADP 15.58
proviamo a vedere quanto mi sono allontanato dagli intenti iniziali del tuo testo?
CG 15.58
l’idea è nata da tre episodi accaduti durante un periodo passato a New York qualche anno fa: la visione del film ‘La Passione di Giovanna D’Arco’ di Dreyer, la lettura di un passo di Paik sul primo evento Fluxus della storia e le lunghe passeggiate per le strade di New York, che, quella mia prima volta, mi era sembrata una città ‘bella’ per errore
ADP 15.59
‘bella’ è come dire ‘giusta’? e quindi ribaltando l’ errore?
CG 16.00
sì, esattamente
CG 16.03
pensavo che, provando a non correggere eventuali errori fatti dalla scelta delle opere alla stesura del comunicato stampa all’allestimento, il progetto espositivo avrebbe avuto aspetti imprevedibili, soluzioni incomplete, imperfezioni e piccole stranezze. E, forse, nel pubblico sarebbero sorti dubbi e interrogativi di tipo cognitivo, percettivo ed estetico. Un’idea che mi intrigava teoricamente ma che nella pratica mi sembrava non naturale, difficile, impossibile… E per questo l’avevo messa da parte
CG 16.04
in ogni modo, la mia era una riflessione sulla ‘pratica’ dell’errore dal punto di vista curatoriale
ADP 16.05
ero contento quando mi hai parlato del progetto, perché anche io, poco tempo prima, avevo ragionato sull’idea di errore e mi sembrava in continuità con i lavori precedenti, ma gli errori si basano sul principio di ‘spontaneità’, quindi ‘produrre’ un errore sarebbe stato solo una speculazione sul tema. Mi è sembrato, dunque, più utile andare a ricercare una struttura che mi avrebbe permesso di procedere verso un’idea di ‘perfezione’
ADP 16.07
e così, è saltata fuori l’idea di curarla io
CG 16.07
sì, ho affidato a te il concept del progetto, io non ne ero più sicura
CG 16.09
e poi mi piaceva e mi divertiva la tua proposta di riflettere sull’idea dell’ errore organizzando una mostra ‘perfetta’
ADP 16.09
quindi, il referente da scomodare (che giudica la perfezione di qualcosa) è il
‘senso comune’
ADP 16.09
grazie
CG 16.09
riguardo al format
ADP 16.10
il format della mostra… sì
CG 16.11
in genere, si esce da un opening commentando in cosa la mostra ha convinto, in cosa ha fallito, le intuizioni, le novità, gli errori ecc ecc
CG 16.13
pensavo alla possibilità di fare confusione e di trovarsi in contraddizione su questi commenti e valutazioni
ADP 16.13
sì, di solito funziona così… se va bene (il giudizio implica che qualcuno abbia visto la mostra)
CG 16.13
già… quindi non dovremmo parlare di opening!
ADP 16.14
possiamo dire di aver fatto il ‘ritratto’ di una mostra collettiva?
CG 16.15
non so, mi sono persa
CG 16.20
come hai lavorato da curatore? ti piace?
ADP 16.21
devo dire che sotto le sembianze di un progetto artistico può andare, ma non lo rifarei domani
ADP 16.21
comunque, è un buon esercizio di ascolto
ADP 16.22
si capisce meglio come gli artisti (me compreso) si rapportano alla comunicazione del proprio lavoro
ADP 16.22
si nota chi è abituato a parlarne spesso e chi meno
ADP 16.25
per procedere nella costruzione di questa mostra collettiva ‘perfetta’ mi sono rapportato con tutti gli artisti ai quali ho fatto portfolio review, tentando di mantenere pressoché identici i nostri dialoghi
ADP 16.26
ho ripetuto le stesse fasi salienti anche nella comunicazione del progetto
CG 16.26
ad esempio?
ADP 16.28
ad esempio, dicendo: ‘sto tentando di realizzare una mostra perfetta considerando diverse pratiche artistiche’
ADP 16.28
‘ogni artista è stato categorizzato secondo un’ ‘attitudine al lavoro’
ADP 16.29
(considerando sempre il senso comune come interlocutore)
ADP 16.30
e ho chiesto loro di portare quella parte del lavoro che sanno fare leva su alcuni segni riconoscibili
ADP 16.30
ho chiesto loro di presentare un lavoro ‘figo’, un lavoro che ‘funziona’, che ‘piace’
CG 16.31
che intendi esattamente?
ADP 16.32
si può identificare come quella parte di lavoro che, ricorrendo all’utilizzo di alcuni segni di ‘stile’ condivisi nel nostro tempo, diventa periferico all’interno della ricerca e della produzione ‘centrale’ di un artista
CG 16.36
provando a sintonizzarsi con il ‘senso comune’, si ragiona sull’errore quindi?
ADP 16.39
non si tratta di lavori che si distaccano dalla ricerca generale di un artista, ma che, per alcune condizioni più o meno consapevoli, si possono definire ‘periferici’
CG 16.40
e mi sembra che con il riferimento al rapporto tra centro e periferia, il progetto si inserisce nella realtà dello spazio di Riss(e) a Varese
CG 16.51
il concept iniziale è cambiato tanto. Non lo riconosco più…
ADP 16.54
si è vero, ma abbiamo lavorato al progetto nel tempo, senza l’ansia di dover fissare un concept vero e proprio, tant’è che con questo scambio di battute stiamo ancora ragionando su cosa è o cosa è diventato
ADP 16.59
il ritratto di una mostra collettiva, conforme a uno ‘standard’, che i curatori e gli artisti partecipanti conoscono ‘alla perfezione’. L’operazione è ironica, ma soprattutto autoironica, poiché ognuno di noi ha accettato di dichiarare qualcosa rispetto al proprio lavoro che è solitamente occultato o giustificato
CG 17.06
ok, la cornice dell’errore diventa una protezione, a questo punto
ADP 17.09
non so più che dirti rispetto all’errore, forse seguendo il processo di progettazione di questa mostra l’errore si è trasformato in ‘eccezione’
ADP 17.19
è il mostro che da del mostro al normale
CG 17.20
per me non c’è differenza tra mostruosità e normalità nell’arte
CG 17.20
perché non esiste normalità nell’arte
CG 17.21
essendone una deviazione da quella che il senso comune definisce ‘norma’
CG 17.21
in ogni modo, mi interessa questo passaggio dall’idea di errore all’idea di eccezione
CG 17.23
mi perdo, mi confondo, a volte sono d’accordo con te, a volte no e la mia idea non la ritrovo più. Ma era esattamente quello che volevo
CG 17.23
mentre mi parli mi chiedo se hai fatto errori, ma non lo so…
ADP 17.23
questo progetto è una deriva del problema della mostruosità che è fondamentalmente un problema di classificazione
ADP 17.24
quando hai classificato il mostro e hai dei riferimenti linguistici per descriverlo, il mostro è stato normalizzato, perché hai un nome con cui chiamarlo
ADP 17.24
questa mostra è un mostro perchè non ha un nome.
Alessandro Di Pietro e Cecilia Guida
Estratto dalla conversazione via Skype del 25.2.2013
I sentieri si costruiscono viaggiando.
(Franz Kafka)
Non c’è etica senza riattribuzione del senso e non c’è senso senza ripensamento del valore del fare.
Riss(e) nasce così. Oggi la realtà è talmente cruda da non consentire perbenismi. Dunque un terreno di confronto fuori dai limiti.
E poi “Riss” in tedesco è “fessura”, “crepa”, “squarcio”; e dalla crepa entra la luce.
È valicando i limiti che si può riattribuire un senso al fare e più nello specifico al fare artistico.
Non è cosa nuova, ma forse ora assume il valore di un’emergenza imprescindibile.
Valicare i limiti è varcare i confini: è l’attitudine del viandante. Senza mappa, senza meta, senza ritorno; perché l’unica meta è il ricominciare ad andare via.
Riss(e) ha questo spirito. È uno spazio fisico solo accidentalmente perché non può essere “qui”. Riss(e) vuole
essere piuttosto un “dovunque”, un “altrove”; una sorta di piattaforma che si sposta trovando nell’erranza la propria dimensione etica.
Riss(e) non è un project-space perché non ha una linea curatoriale organica. Propone “mostre”, anche ma non soprattutto, e vuole misurarsi con un continuo “fuori registro” ; quella condizione che deriva dalla consapevolezza che, abbandonata la mappa, non resta che stupirsi degli incontri.
Riss(e) raccoglie una disposizione al dialogo che ha fatto nascere altri progetti, come ROAMING, L’OSPITE E L’INTRUSO, DIALOGOS; diversi tra loro ma accomunati da un bisogno di confronto, in una dimensione relazionale che attraversa la domanda sul “che fare? “ un
po’ con lo spirito dell’interrogativo di Leonardo da Vinci: “la luna, come sta la luna?”.
Ermanno Cristini
Riss(e) è nata con il contributo ideale e di discussione di diversi “passanti”: Cesare Biratoni, Sergio Breviario, Alessandro Castiglioni, Giancarlo Norese, Vera Portatadino, Luca Scarabelli.
Oggi ha incrociato sta incrociando altri “passanti”, tra cui: Marion Baruch, Antonio Catelani , Mario Casanova Salvioni, Viviana Checchia, Clement Project, Francesca Marianna Consonni, Valerio Del Baglivo, Alessandro Di Pietro, Diana Dorizzi, Francesco Fossati, Simone Frangi, Daniele Geminiani, Cecilia Guida, Patrick Gosatti, The Island, Erika La Rosa, Luc Mattenberger, Andrea Magaraggia, Francesco Mattuzzi, Metamusa, Concetta Modica, Giovanni Morbin, Adreanne Oberson, Chiara Pergola, Cesare Pietroiusti, Jean Marie Reynier, Lidia Sanvito, Noah Stolz, Marco Tagliafierro, Temporary Black Space, Virginia Zanetti.